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Sport e disabilità: lo sport per tutti

Praticare uno sport quando si è disabili? Visto dall’esterno sembra difficile, ma nella realtà nulla è impossibile.

Con il tempo, le federazioni si sono adeguate, proponendo infrastrutture accessibili alle persone con disabilità. Ma perché lo sport è consigliato anche in caso di disabilità? E verso quale sport orientarsi in base al tipo di disabilità?

I benefici dello sport

Lo sport per i disabili è lo strumento migliore per la riabilitazione, la terapia, l’inclusione sociale e lo star bene di ognuno di noi. Oltre a migliorare la qualità della vita aiuta a ritrovare autostima, ad avere un nuovo obbiettivo, superare i propri limiti, a vivere emozioni con tanti amici, a sentirti più realizzato ed a ritrovare l'equilibrio nella propria vita.

Ogni essere umano ha il diritto fondamentale di accedere all’educazione fisica e allo sport. Lo sport è necessario per lo sviluppo della personalità, per la padronanza di sé a livello intellettuale e morale e per lo sviluppo della fiducia in se stessi. La continuità dell’attività fisica e della pratica dello sport devono essere assicurate per tutta la vita per mezzo di un’educazione permanente che parte dalla scuola fino ad arrivare al proprio tempo libero, sia per svago, sia per necessità , sia per riabilitazione fisica.

Fare sport favorisce una riduzione dello stress, permette di staccare dai problemi quotidiani e di ricaricarsi, lo sport aiuta a bruciare calorie, a combattere il sovrappeso e a sentirsi bene con se stessi. I benefici dello sport sono moltissimi e chi fa sport vive di più perché protegge meglio la propria salute. Durante l’attività fisica vengono, infatti, secrete le endorfine, sostanze che stimolano l’organismo, predisponendolo a reagire positivamente a situazioni di stress.

Lo stereotipo comune porta a pensare ai disabili come persone malate, ferme, immobili, finché non si assiste alle loro performance che mostrano tutt’altro: passione, energia impiegata nelle gare, determinazione nello sfruttare al meglio le proprie capacità residue, la loro vitalità, la muscolatura degli atleti. Attraverso l’educazione psicomotoria e la pratica sportiva, il disabile ha modo di sperimentare una nuova integrazione mente-corpo, ha la possibilità di migliorare: sul piano cognitivo, attraverso la conoscenza del proprio corpo, dello spazio, del tempo e della velocità; sul piano fisico, aumentando la forza muscolare, la capacità di equilibrio, la coordinazione motoria, imparando a superare la fatica (che rappresenta uno dei primi ostacoli per la riabilitazione); sul piano sportivo, acquisendo conoscenze tecniche delle varie discipline, incentivando la comunicazione interpersonale e la collaborazione (attraverso il gioco di squadra), rispettando le norme condivise; sul piano psicologico, producendo uno stato di soddisfazione generale che conduce al contenimento degli stati emotivi, incrementando la capacità di autocontrollo; sul piano socio-educativo, aumentando la propria autonomia, spronando all’impegno durante gli allenamenti e al rispetto dell’avversario, insegnando il coraggio, promuovendo la lealtà; favorendo la socializzazione, l’aggregazione, integrazione, superando così paure, pregiudizi e isolamento.

Lo  sport, quindi, riveste in maniera sempre maggiore la duplice funzione di reinserimento sociale e terapia. Imparare a stare bene con se stessi e con gli altri deve essere l’obiettivo principale: cercare di portare la persona a minimizzare la sua disabilità, a muoversi, camminare, parlare e relazionarsi in modo attivo e costruttivo ha, quindi, un valore educativo e morale grandissimo.~ 

Quale sport per quale disabilità?

Grazie all’approvazione del Decreto Legislativo n. 43 del 27 febbraio 2017 il Comitato Italiano Paralimpico ha ottenuto il riconoscimento formale di Ente Pubblico per lo sport praticato da persone disabili, mantenendo il ruolo di Confederazione delle Federazioni e Discipline Sportive Paralimpiche, sia a livello centrale che territoriale, con il compito di riconoscere qualunque organizzazione sportiva per disabili sul territorio nazionale, di garantire la massima diffusione dell’idea paralimpica e il più proficuo avviamento alla pratica sportiva delle persone disabili.

Oggi si contano 28 Federazioni Sportive Nazionali Paralimpiche. Gli sport più praticati sono basketball, calcio, hockey, scherma, ciclismo, e vela. Gli sport praticati alle Paralimpiadi sono passati da 8 nel 1960 a 23 nel 2016.

Il basket è praticabile sia in sedia a rotelle, sia da chi invece presenta disabilità di genere cognitivo, così come la scherma, lo sci, il tennis, il ping pong, il tiro con l’arco e la vela. Per chi, invece, ha difficoltà più o meno lievi a livello visivo sono consigliati il tandem e il nuoto. Mentre chi preferisce allenare soprattutto la parte superiore del corpo, l’handbike è la palestra migliore: permette infatti di pedalare su una bicicletta speciale spingendo non con le gambe, ma con il solo aiuto delle braccia.

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